Beniamino Gigli – Giovinezza (Inno del PNF)

GiovinezzaGiovinezza fu una delle canzoni più diffuse della prima metà del XX secolo in Italia ed ebbe vasta eco anche all’estero, fu pubblicata nel 1925 ed approvata, ufficialmente, dal Direttorio del Partito Nazionale Fascista come “Inno Trionfale del Partito Nazionale Fascista”. Il canto diverrà di importanza pari ad un inno nazionale, allorché in tutte le manifestazioni pubbliche esso verrà fatto suonare immediatamente dopo la Marcia Reale. Il 14 maggio 1931, Arturo Toscanini si rifiutò di suonare l’inno prima di un concerto al Teatro Comunale di Bologna e venne insultato da un gruppo di fascisti, uno dei quali lo schiaffeggiò.

Il testo di Salvator Gotta è gravitante attorno ai concetti di fratellanza nazionale, di superamento della lotta di classe, di fedeltà a Mussolini (ma non compare mai la parola “duce”) di orgoglio patriottico. Una sola nota polemica (strascico di tanti anni di violenza non solo verbale) è l’accenno di scorno ai tanti “che la patria rinnegar” nella seconda parte della seconda strofa, che rende perfettamente il clima d’euforia e di soddisfazione che doveva regnare negli ambienti fascisti allora che il loro trionfo sui vecchi nemici social-comunisti pareva completo.

Dunque nella parabola del canto di Giuseppe Blanc si può vedere tutta l’evoluzione sociale che ha portato al Regime fascista: dalla canzone goliardica dei giovani studenti interventisti all’inno dei reparti alpini e poi di quelli d’assalto; da questi, poi che il nemico era divenuto interno al posto dell’Austro-tedesco, passa a infondere coraggio e a tenere alto il morale ai Fiumani e alle squadre d’azione dei primi Fasci, divenendo in breve a vero e proprio peana della rivoluzione fascista, per terminare con la celebrazione solenne e retorica del Regime e della sua vittoria sui nemici social-comunisti, popolari e liberal-democratici.

Secondo un recente studio di Patrizia Deabate l’inno, nella versione originale, era stato una risposta di Oxilia ad una poesia di mezzo secolo prima di Emilio Praga, poeta “maledetto”, appartenente alla Scapigliatura. L’Inno inoltre affonderebbe le radici più remote nell’esaltazione della giovinezza da parte della Rivoluzione Francese, e in un simbolo contenuto nel celebre dipinto La Libertà che guida il popolo, di Eugène Delacroix, custodito al Louvre di Parigi.

Tesi ribadita, con ulteriori riferimenti storici e letterari, nella prefazione di “Canti brevi” di Nino Oxilia, nella riedizione del 2014 curata da Patrizia Deabate per la collana diretta da Roberto Rossi Precerutti, Neos Edizioni di Torino.

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Pubblicazione di Portale del Fascismo.