Quarto d’ora di poesia della X MAS – Filippo Tommaso Marinetti

Filippo Tommaso Marinetti
Filippo Tommaso Marinetti

“Reduce dalla campagna di Russia, cui aveva partecipato da volontario nonostante l’età, ormai stanco nel corpo e malato, Marinetti aveva aderito alla Repubblica sociale italiana. (…) Nella Repubblica sociale Marinetti vedeva eliminata, secondo i sogni della sua giovinezza, l’odiata monarchia e vedeva riaffiorare quell’elemento socialista che, presente nella concezione politica futurista e nel fascismo delle origini, era stato sotterrato durante il fascismo trionfante. L’ultima composizione di Marinetti è una vibrante testimonianza poetica di questo stato d’animo. Ma l’immediata occasione esistenziale e politica è trascesa in virtù della profondità del tema che investe impetuosamente l’animo del poeta. Nella composizione, il fenomeno bellico riceve la postrema consacrazione: la concezione erotico-estetica della guerra si tramuta da ultimo in concezione estetico-religiosa e dà luogo a un testo sulla cui effettiva sostanza poetica non dovrebbero esistere dubbi” (Luciano De Maria, in: Filippo Tommaso Marinetti, «Teoria e invenzione futurista. A cura di Luciano De Maria», Milano, Mondadori, 1983:: pp. XCIX-C).

Nel 1935-1936 come volontario si reca in Africa e dall’esperienza trae ispirazione ne Il poema africano della Divisione ’28 Ottobre’ (1937). Nel luglio del 1942, nuovamente volontario, raggiunge la Russia. Dopo la caduta di Mussolini e la successiva costituzione della Repubblica Sociale si trasferisce al Nord, stabilendosi per un anno a Venezia. Nell’ottobre del 1944 è a Bellagio (Como), da dove vorrebbe raggiungere la Svizzera, ma una crisi cardiaca lo stronca il 2 dicembre. Poco prima di morire compone Quarto d’ora di poesia della X Mas (musica di sentimenti) (1945).

Salite in autocarro aeropoeti e via che si va finalmente a farsi benedire dopo tanti striduli fischi di ruote rondini criticomani lambicchi di ventosi pessimismi.

Guasto al motore fermarsi fra Italiani ma voi ventenni siete gli ormai famosi renitenti alla leva dell’Ideale e tengo a dirvi che spesso si tentò assolvervi accusando l’opprimente pedantismo di carta bollata burocrazie divieti censure formalismi meschinerie e passatismi torturatori con cui impantanarono il ritmo bollente adamantino del vostro volontariato sorgivo a mezzo il campo di battaglia

Non vi grido arrivederci in Paradiso che lassù vi toccherebbe ubbidire all’infinito amore purissimo di Dio mentre voi ora smaniate dal desiderio di comandare un esercito di ragionamenti e perciò avanti autocarri

Urbanisti officine banche e campi arati andate a scuola da questi solenni professori di sociologia formiche termiti api castori

Io non ho nulla da insegnarvi mondo come sono di ogni quotidianismo e faro di una aeropoesia fuori tempo spazio

I cimiteri dei grandi Italiani slacciano i loro muretti agresti nella viltà dello scirocco e danno iraconde scintille crepitano impazienze di polveriera senza dubbio esploderanno esplodono morti unghiuti dunque autocarri avanti

Voi frenatori del passo calcolato voi becchini cocciuti nello sforzo di seppellire primavere entusiaste di gloria ditemi siete soddisfatti d’aver potuto cacciare in fondo fondo al vostro letamaio ideologico la fragile e deliziosa Italia ferita che non muore

Autocarri avanti e tu non distrarti raggomitola il tuo corpo ardito a brandelli che la rapidità crudele vuol sbalestrarti in cielo prima del tempo

Scoppia un cimitero di grandi Italiani e chiama Fermatevi fermatevi volantisti italiani avete bisogno di tritolo ve lo regaliamo noi ve lo regaliamo noi noi ottimo tritolo estratto dal midollo dello scheletro

E sia quel che sia la parola ossa si sposi colla parola possa con la rima vetusta frusti le froge dell’Avvenire accese dai biondeggianti fieni di un primato

Ci siamo finalmente e si scende in terra quasi santa

Beatitudine scabrosa di colline inferocite sparano

Vibra a lunghe corde tese che i proiettili strimpellano la voluttuosa prima linea di combattimento ed è una tuonante cattedrale coricata a implorare Gesù con schianti di petti lacerati

Saremo siamo le inginocchiate mitragliatrici a canne palpitanti di preghiere

Bacio ribaciare le armi chiodate di mille mille mille cuori tutti traforati dal veemente oblio eterno

 

Filippo Tommaso Marinetti