José Antonio Primo de Rivera, ottant’anni d’assenza – 20 novembre 1936 

L’ultimo Hidalgo

José Antonio Primo de RiveraIl pensiero e l’azione militante di José Antonio non furono semplice espressione di un sistema politico–filosofico, che anzi in senso stretto – seppure fosse stato nelle sue intenzioni – egli non ebbe neppure il tempo di realizzare, né solo la manifestazione di un proprio modo di pensare; si trattò, piuttosto, della concretizzazione, attraverso una propria particolare maniera di vivere, di un nuovo modo di essere, uno stile indispensabile per la formazione di nuovi cavalieri al servizio di una Spagna eterna, capaci di vegliare in armi in attesa della nuova alba che sarebbe sorta.

“Il nostro Movimento – disse nel celebre discorso di fondazione della Falange, tenuto nel teatro de La Comedia di Madrid il 29 ottobre 1933 – non è una maniera di pensare, ma è una maniera di essere.

Noi non dobbiamo proporci soltanto la costruzione, l’architettura politica.

Noi dobbiamo adottare, di fronte alla vita nel suo complesso, in ciascuno dei nostri atti, un comportamento umano, profondo, completo.

Questo modo di essere è lo spirito di sacrificio, il senso ascetico e militare della vita”.

Trattando del fondatore e Capo della Falange ci troviamo, dunque, di fronte ad “una di quelle creature privilegiate che i misteriosi disegni della Provvidenza divina – di tanto in tanto – eleggono alla difficile missione di scuotere i popoli intorpiditi dalla predicazione di falsi profeti, per riportarli nella scia delle loro tradizioni”.

Una creatura capace di vivere e testimoniare valori attuali perché eterni.

Molte, com’é agevole comprendere, sono le affinità con gli esempi consegnatici da Corneliu Codreanu e Léon Degrelle, prime fra queste la comune sincera fede cristiana, vissuta in modo tradizionale, e l’azione politica intesa come servizio e sacrificio; peculiare è, però, in José Antonio – visione dello Stato a parte – l’immagine archetipica, tutta iberica, dell’Hidalgo.

Questo modello egli incarna in modo perfetto, interpretandone il carattere in maniera ancor più ortodossa, proprio in ragione del fatto che ne è, fino ad oggi, l’ultimo autentico rappresentante.

Non ci resta che concludere incidendo idealmente sulla tomba dell’ultimo nobile hidalgo ciò che Cervantes fece scrivere su quella del suo Don Chisciotte:

“Giace qui l’hidalgo forte ch’ebbe l’anima sì ardita che la morte, con la morte, non trionfò della sua vita”.

Giuseppe Provenzal