Raffaella Duelli, l’anima dolce di una ragazza di Salò

La mattina del XVIII agosto MMIX è venuta a mancare Raffaella Duelli, Ausiliaria scelta della X Flottiglia Mas, instancabile testimone dell’epopea del Btg Barbarigo, artefice ed anima, insieme ad altri Decumani, del Campo della Memoria. Raggiunge le schiere dei Combattenti dell’Onore, Eroi senza medaglia, che l’hanno preceduta.

Ha dedicato una vita alla solidarietà, alla pietas, al volontariato. Raffaella Duelli ha vissuto una vita avventurosa, ha attraversato le tempeste d’acciaio del Novecento e le difficoltà “da esule in patria” nell’Italia del dopoguerra. Per anni si è impegnata in prima linea, dove ci sono gli ultimi, i disagiati, i poveri dei poveri, a favore di chi ha bisogno di assistenza, donando consigli o conforto a chi le andava incontro. Testimonianza reale di come un nobile spirito civico possa sopravvivere nel welfare state decadente dell’Italia del 2008 solo grazie a esempi di impegno e dedizione al prossimo. “Nel dopoguerra ho studiato presso la scuola per il servizio sociale e poi ho frequentato la facoltà di psicologia. Ho lavorato per undici anni presso la scuola speciale per subnormali a Roma, per diciannove nella struttura degli assistenti sociali di quartiere a Ostia, e infine come assistente sociale nella Città dei ragazzi di Roma. Per quanto tempo? Per altri sette anni”. Raffaella Duelli è una italiana volitiva, energica a dispetto dell’età che avanza e affronta con il cuore libero gli acciacchi dell’età. Facendo una breve somma degli anni della sua vita nei quali è stata in prima linea nel volontariato, il numero complessivo è di trentasette. Una vita spesa in prima linea, ma c’è un preambolo essenziale. La dolce Raffaella è stata una ausiliaria della Repubblica sociale italiana, una volontaria “per l’Onore d’Italia” nel Battaglione Barbarigo della Decima Flottiglia Mas, agli ordini del comandante Junio Valerio Borghese. Prima di arruolarsi era stata una giovane appassionata di arte e letteratura, aveva anche scritto un’opera teatrale, Il richiamo del cuore, dedicata alla storia di una famiglia siciliana sotto i bombardamenti americani. La fine del conflitto mondiale, oltre a tante incertezze − condivise con il resto degli italiani − le “regalò” anche un periodo di detenzione nei campi di concentramento allestiti dagli angloamericani a Terni e Spoleto. Nel libro scritto dallo storico Luciano Garibaldi, Le soldatesse di Mussolini (Mursia), tra i più toccanti ricordi di guerra c’è un affresco di umanità che la riguarda, una pagina di un’umanità perduta che torna a comporre la memoria nazionale. “Raffaella Duelli, ausiliaria della Decima Mas − scrive il giornalista romano − bambolotto di pezza azzurra, compagno delle notti infantili”, ha raccontato che “quando i colpi delle mitragliatrici si facevano vicini i ragazzi ci coprivano con il loro corpo, poi si alzavano, scusandosi, rossi in volto”. Donne e uomini si stringevano gli uni agli altri, le mani nelle mani, ma in quegli abbracci e in quelle carezze di guerra non c’era sesso”. “Con Silvana Millefiorini del Battaglione Lupo, ci siamo dedicati alla ricerca dei soldati italiani dispersi sul fronte di Nettuno e Anzio. Tante mamme – racconta con trasporto la Duelli − ci chiedevano notizie dei propri figli, caduti in guerra. Ambivamo a dare loro una tomba sulla quale portare fiori, insieme alla creazione di un luogo nel quale fosse testimoniato l’eroismo di chi ha combattuto per difendere il suolo patrio”. Con questi intenti è sorto il Campo della Memoria di Nettuno, un sacrario militare, nel quale riposano sessantatre militari e nove eroi senza medaglia, combattenti sul fronte laziale per i quali non è stato possibile compiere alcun riconoscimento. Nel 2005 Raffaella Duelli ha ricevuto il Premio Luciano Cirri per l’impegno sociale, con la seguente motivazione: “Per la pietà cristiana, la passione patriottica, il coraggio e la generosità dimostrate nell’opera volontariamente intrapresa di ricercare, ricomporre, identificare i miseri resti dei Caduti italiani e dar loro una degna e onorata sepoltura”. C’è un filo rosso che lega queste esperienze, una traccia comune salda storie così diverse, quella di guerra e quella di pace, quella da ausiliaria della Decima e quella da assistente sociale di bambini disagiati. “Nell’opera di recupero delle salme dei combattenti e nella quotidiana attenzione per chi soffre − qualità essenziale nella mia professione − c’è la stessa forza dei valori. Quegli ideali di solidarietà e patriottismo che animavano la mia prima giovinezza li ho trasferiti nell’impegno per i bambini delle periferie romane. Una certa idea della patria non può essere disgiunta da quella di solidarietà e di giustizia sociale”. I suoi ricordi attraversano in lungo e in largo l’ultimo secolo. L’ex ausiliaria li ha raccolti in un libro ormai introvabile, Ma nonna, tu che hai fatto la guerra… (Edizioni Ter), nel quale racconta il suo percorso ideale alla nipotina [nel libro citato sono pubblicate solo una parte delle memorie dell’autrice, presentate integralmente nel presente libro, NdE]. Passione civile e politica sembrano saldarsi: “Quando ero maestra − racconta con un filo di emozione − a Santa Maria di Pugliano organizzai per i miei studenti una gita a Roma. Erano ragazzi di famiglie povere, ma esprimevano un profondo rispetto per gli insegnanti, donando loro mele e uova, una parte di quel poco che costituiva un tipico menù familiare del dopoguerra. Solo immaginando le attese per la giornata romana provo delle emozioni particolari, le stesse che hanno riempito il mio cuore quando con i miei studenti camminammo sotto le navate di San Pietro, o per i viali del Giardino Zoologico. Per loro era una gioia immensa, una favola, e quando arrivammo attraverso l’Ostiense al mare, erano così felici che applaudivano entusiasti. In quel frangente non abbiamo potuto non piangere”. Negli occhi di Raffaella restano anche le attestazioni di affetto che ha ricevuto in tanti anni da bambini disagiati e dalle famiglie povere dell’immensa periferia romana. “Ricordo il servizio svolto nel recuperare e assistere gli sbaraccati dell’Idroscalo. E tuttora ricevo visite e lettere da famiglie che ho aiutato. Nel dopoguerra, dopo aver pagato un dazio pesante all’aver combattuto dalla parte giusta, ma perdendo la guerra, non ho scelto di fare politica in un partito, pur votando MSI − partito di cui eravamo stati fondatori, partecipando alle prime riunioni con Enzo Erra e Giorgio Almirante − fin dal 1951, quando ho riacquistato i diritti politici. Il volontariato, la scelta di schierarmi in prima linea a difesa dei poveri e degli emarginati, è stata una valutazione politica, un modo per far rivivere gli ideali nei quali credo anche nel la quotidianità, nella professione che ho svolto per una vita”. Una vita dedicata a donare il proprio cuore ai deboli, agli esclusi e all’Italia.

Michele De Feudis, articolo apparso sulla rivista Charta Minuta, aprile 2008.

ricordo di Daniele Lembo

Ci sono volte che vorrei vedere il mio telefono liquefarsi tra le mani. Sono quelle volte che squilla per portarmi una cattiva notizia. Ieri sera, ha trillato per farmi sapere che Raffaella Duelli non c’era più. È deceduta presso l’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina a Roma.

Per il personale dell’ospedale che l’ha vista finire i suoi giorni, si sarà trattato di una delle tante simpatiche vecchiette che, ad un certo punto, il Signore Iddio che Iddio che accende ogni fiamma e ferma ogni cuore, decide di riportare a Se. La Duelli era, invece, molto più una delle tante vecchiette. Nata nel 1926, crebbe e fu educata in quell’ambiente intellettuale e di alta tensione morale che voleva forgiare un popolo di grandi italiani. Dopo l’8 settembre 1943, si arruolò nel S.A.F. Decima, il Servizio Ausiliario Femminile della Decima Flottiglia Mas. Chi qualche anno fa ha fatto tanto scalpore per le prime donne in divisa, dimenticava sicuramente le ragazze del S.A.F. che decenni prima avevano già vestito l’uniforme nel corso di quella sfortunata guerra. La Duelli, una ragazza che portava nel cognome un passato fatto di armi e di scontri, duelli appunto, fu tra le prime ad arruolarsi, vestendo il grigioverde e portando il “Gladio e l’alloro” al posto delle stellette. Ho avuto il piacere di conoscerla, qualche anno fa le chiesi perché l’avesse fatto, mi rispose che lei, una ragazza, aveva voluto fare una guerra che «molti uomini, e tra questi un Re, non avevano voluto più combattere». Aveva aggiunto poi «Sai è difficile spiegare il senso dell’Onore… o ce l’hai o non ce l’hai». Fu in nome della difesa dell’Onore nazionale che Raffaella e tanti giovani come lei, si arruolarono in quella guerra perduta contro un nemico dai mezzi infiniti e i cui aerei erano capaci di oscurare i cieli italiani. Se nel corso del conflitto fu una delle tante ragazze del S.A.F., fu nell’immediato dopoguerra che la nostra ragazza rivelò tutta la sua eccezionalità. Era originaria di Roma e, una volta tornata a casa da quella guerra perduta, decise che doveva fare qualche cosa per i tanti ragazzi del Battaglione Barbarigo della Decima che si erano spesi nel contrastare gli invasori venuti dal mare ed erano rimasti nella piana Pontina. Era il 1946 e Raffaella la mattina, assieme al marito, un ex paracadutista della Folgore, caricava la sua bicicletta sul treno a Roma, per scendere poi a Cisterna di Latina. Per mesi, la coppia, munita di piantine approssimative, girò le campagne tra Sermoneta, Latina e Cisterna per rintracciare le sepolture dei ragazzi del Btg. Barbarigo. Nell’aprile del 1950, dopo la triste ricerca, su un camion, furono caricate 32 cassette di zinco, con i resti di alcuni di quei ragazzi caduti in difesa delle terre italiane. I resti mortali erano destinati al Verano. Sarebbero stati ospitati nella cappella della famiglia Duelli che, per anni, sarebbe stata la tomba dei marò del Barbarigo. Circa il trasporto al Cimitero Monumentale, avrebbe poi ricordato Raffaella «il Sindaco di Sermoneta ci aveva prestato una bandiera tricolore: ci fermò la polizia stradale. Ci scortarono -con le loro motociclette- fino a Roma. E non saprò mai quali motivazioni, quali pensieri abbiano sollecitato quella loro scelta». Mettere su carta certi momenti di una triste ricerca, rivivere quelle emozioni: il volto pallidissimo del signor Cornuda, il padre di Franco, appoggiato allo stipite della nostra porta a Circonvallazione Appia: «… mi aiuti, mi aiuti a ritrovare mio figlio …». L’incertezza diventata dolorosa realtà con la misurazione di un femore e il riconoscimento di un frammento di biancheria che una madre aveva cucito per suo figlio. Negli anni a venire, cominciò poi una lunga battaglia per dare una più degna sepoltura a quei ragazzi. Lo Stato italiano aveva trovato terra a Anzio per un enorme cimitero americano e per un cimitero inglese, mentre a Pomezia c’era il cimitero tedesco. Solo per i caduti italiani, quei ragazzi che avevano avuto l’ardire di schierarsi, in nome di un’Idea d’Onore, dalla parte perdente, non sembrava esserci terra per una serena sepoltura. Intervenne l’Associazione Decima, e con questa la Duelli, che, dopo aver acquistato un terreno tra Anzio e Nettuno ne fece un Sacrario, Il Campo della Memoria. Ci sono voluti anni perché il Sacrario fosse acquisito, a titolo gratuito sia chiaro, da OnorCaduti del Ministero Difesa e da questo ufficialmente trasformato nel Cimitero Militare dei caduti della Decima sul fronte di Anzio Nettuno. Raffaella Duelli, non riposerà al Campo della Memoria, non era più un militare quando è deceduta, anche se ha combattuto la sua guerra personale tutta una vita. È stata una battaglia in difesa delle scelte fatte da ragazza. Erano scelte che oggi risultano incomprensibili ai più perché motivate da idee come Patria, Onore, Amor Proprio, idee che oggi una sembrano inaccessibili ai giovani e, purtroppo, anche ai meno giovani. A poco più di vent’anni, Raffaella sognò una bella Italia, popolata da un grande popolo. Ha continuato inseguire il suo credo per tutta la vita. Io, e quelli come me, capaci ancora di credere nella forza e nella bellezza di una grande Idea, non la dimenticheremo, continuando il suo grande sogno.


Daniele Lembo
Cisterna di Latina

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