Un’intervista immaginaria controversa con Mussolini

Un’intervista immaginaria controversa con MussoliniLa tortura c’è ancora. E il Fascismo c’è sempre.

Penso e ripenso a questa frase di Benedetto Croce, ripresa più volte da Oriana Fallaci nei suoi scritti, mentre mi dirigo al posto dell’appuntamento.

Non sarà facile parlare con Benito Mussolini senza rischiare d’incorrere nel reato di apologia del fascismo, eppure penso di avere dei buoni anticorpi contro qualunque tipo di fascino. Era un’offerta prestigiosa che un vero giornalista non poteva rifiutare: l’intervista esclusiva in occasione del suo centotrentesimo compleanno… no, era un’occasione da non perdere, un’occasione da sfruttare bene.

Il suo ufficio stampa, peraltro, ha detto di sì alle mie condizioni: non mi sposto da Milano. Infatti ho segnato una mole d’impegni nell’agenda, e non posso spostarmi altrove nemmeno per mezza giornata, questa settimana… ma loro mi hanno detto di sì, proponendomi l’Arengario, in piena Piazza Duomo: un posto che Mussolini amava, e da cui amava parlare alle folle.

Si va lì, fuori dagli orari convenzionali… un’alba fatta di temperature che non sembrano minime, zanzare già in azione, una schiera di camerieri mi aspetta folta per portarmi al tavolino – e all’ex Duce non frega niente se adesso lì vi hanno costruito il Museo del Novecento. Sta pensando, e fa persino il distratto, quando arrivo. Si alza, però, e sfodera un sorriso a trentadue denti: “Buongiorno giornalista”. “Buongiorno, come sta?”

Si secca. L’ufficio stampa mi chiama da parte come se fossimo ai tempi del fascismo… cercano di catechizzarmi: “Bisogna dargli del Voi…”.

Ma ho pensato che i miei lettori non avrebbero gradito. “Caro Mussolini, qua in Italia ormai usiamo darci del Lei… che ne dice se procediamo anche così?”

Mugugna qualcosa e fa come quello che vorrebbe andarsene, poi – con la stessa voce cordiale del buongiorno – mi dice: “Va bene, in fondo la comunicazione è fatta di tanti messaggi… rinunceremo al Voi, per comunicare meglio…”.

Un’intervista immaginaria controversa con MussoliniMussolini sono passati 130 anni dalla sua nascita, quel 29 Luglio 1883. Come ci si sente a essere stato responsabile della perdita di così tante vite umane?

– Giornalista, ma non le hanno insegnato niente? Non sa che le domande scomode si fanno alla fine. Non sa che a questo punto potrei andarmene davvero? Signori non perdo tempo con questo qua…

Ma aveva capito che non temevo di perdere quell’intervista, e forse in quel sacro momento sentiva che sarebbe potuto essere un colloquio interessante.

– Salvatore, nome meridionale… beh, che cosa vuole che le dica? Io non ho ucciso nessuno… ma glielo dico davvero: non ho mai ucciso nessuno.

Beh, già solo se penso che appoggiò il Nazismo… già solo se penso che approvò le leggi razziali… conto a occhio e croce cinque milioni tra ebrei, comunisti, omosessuali e portatori di handicap, tutti deportati nei campi costruiti dal suo amico Hitler…

– Un leader deve prendersi le sue responsabilità, e io non fuggo dalle mie. Però sappia che quelle brutte cose non esistevano nei miei pensieri, e in fondo non sapevo che cosa avvenisse veramente nei campi di concentramento… Adolfo era un alleato. Tutto qua.

Non può uscirsene così…! Quell’alleanza è stata un atto criminale!

– Quell’alleanza fu, giornalista, un errore storico… sinceramente sento di avere la coscienza a posto, riguardo agli ebrei che – ripeto, pur prendendomi le mie responsabilità – non sono roba mia. Il grande rimpianto è quello d’essermi fidato di Adolfo dal punto di vista storico, strategico… ma davvero pensavo che fosse la decisione più giusta da prendere.

Un’intervista immaginaria controversa con MussoliniRivangare il passato non m’interessa, mi perdoni. Vorrei solo capire che cosa ci fosse nella sua mente, nel suo cuore. Perché la dittatura?

– Giornalista… si guardi attorno per rispondere alla sua stessa domanda. Non è forse dittatura, quella che state vivendo adesso? Uno Stato che non risolve la crisi e v’impone tasse su tasse. Uno Stato che non vi protegge, ma vi perseguita. Un sistema di banche governato da quelle democrazie plutocratiche che denunciai settant’anni fa per la prima volta! Non è forse dittatura questa? Coi vostri MINCULPOP che si sono incarnati nei giornali, e la vostra magistratura che agisce sotto impulso politico. Guardi che questa è dittatura, tanto quanto!

La storia saprà dirci se questa è dittatura tanto quanto. Lei sente d’aver tradito il popolo italiano?

– No. Mi sono sempre mosso nell’interesse del popolo italiano, mi creda. La mia politica interna molto all’antica era in realtà un modo per conservare la nostra ricchezza… tutto l’opposto dell’Euro che vi siete scelti: dilettanti! Credevo che non c’è popolo forte senza un esercito forte, credevo che la sicurezza fosse un bene inestimabile per ogni cittadino: sa che ai miei tempi la gente dormiva con le porte aperte? Ho fatto costruire tante strade, opere pubbliche, ho dato lavoro… riporterà queste cose nel suo articolo, spero!

Certo, certo, sono cose vere: vanno dette. Lei è mai stato innamorato, Mussolini?

– Si era qui per parlare di politica, giornalista. Comunque sì. Più volte. Ma credo – non me ne voglia nessuno – di avere amato più me stesso che chiunque altro. E’ giusto ammetterlo. E’ così.

Grazie di quest’ammissione. Quando si è scelto di tenere quest’intervista qui a Milano, mi è venuta quasi la tentazione d’invitarla in Piazzale Loreto…

– Non m’avrebbe sicuramente fatto paura… ma… ma quello è un brutto posto, mi creda. Non riservate mai una morte così a nessuno. Anche al più lurido bastardo, violentatore di donne, assassino… quella morte non la merita nessuno. Perché quelli che erano in Piazzale Loreto a sputarmi nella faccia non credo fossero poi, nell’animo, così tanto diversi da me.

Un’intervista immaginaria controversa con MussoliniMussolini ma perché non l’è bastato essere Presidente? Perché ha voluto esagerare?

– Il presidente del Consiglio, in Italia, non possiede alcun potere. Io volevo comandare: ma non per il gusto di comandare… o quanto meno non solo per quello… ma per potere fare qualcosa di concreto. Non è stato poi così difficile dare alle istituzioni quel volto che volevo. L’Italia è un Paese inesistente, l’italiano non è fiero di sé, della propria storia… uno che sa parlare bene, come me, può diventare padrone assoluto di tutto, in un quattro e quattr’otto. Adolfo, in Germania, dovette fare un sacco di stragi per prendere il potere… anche Napoleone in Francia, fra l’altro… in Italia, invece, basta che sorridi a tutti, parli bene, fai intendere che favorirai chi si fa da parte… e il gioco è fatto. Povera Italia, giornalista.

Lei riuscì a firmare lo storico Concordato con la Chiesa. Quello è stato uno dei momenti più alti del suo Ventennio…

– Abbiamo fatto tante cose importanti. Se non fosse stato per quella stra-maledetta guerra, oggi sarebbero ricordate anche le cose positive che abbiamo fatto.

Qual era il suo rapporto con il Re?

– Lo stesso che oggi un Presidente del Consiglio ha col Presidente della Repubblica. La monarchia non meritava di essere messa in discussione. Loro non avrebbero potuto far nulla per fermarmi. Le sembra che la repubblica abbia migliorato le condizioni del nostro Paese?

Le domande le faccio io, Mussolini. Mi dica qual era l’emozione di parlare davanti a quelle folle così esultanti…

– Era il momento più bello. Era proprio in quel momento che sentivo di poter far cambiare il corso della storia. Sentivo che ogni mia parola, ogni mio sospiro, ciascuna mia decisione beh… avrebbero influenzato tutte quelle persone. Sentivo in me una grandissima responsabilità. Io non sono cattivo, sa, giornalista? Lei non mi crederà mai, ma io non sono cattivo… volevo il bene di quella gente, e in cambio volevo solo che mi amassero. Se non fosse stato per quella stra-maledetta guerra, chissà quante cose sarebbero cambiate…

Un’intervista immaginaria controversa con MussoliniFu lo snodo della storia che Lei sbagliò. E da quel momento emersero tutte le criticità del suo governo dittatoriale. Se non avesse sbagliato quello snodo, probabilmente sarebbe potuto emergere dell’altro. In che snodo siamo – quindi – oggi, secondo Lei?

– E’ il momento in cui dovreste ricordarvi di essere italiani. Dovreste ricordarvi la grandezza dell’impero romano, e di tutte le nostre invenzioni. Era una delle mie missioni più importanti, quella di farvi diventare italiani veri: non ci riuscii. Oggi può salvarvi soltanto quello: se vi ricordate di essere italiani, sicuramente sarete in grado di farvi valere, nei confronti delle democrazie plutocratiche che vi circondano, che ci circondano, e che oggi si sono unificate anche sotto il vessillo dell’Unione Europea. Qualche suo lettore la interpreterà come l’opinione di un sanguinario leader del Novecento, ma io la penso così e ricordi: non ho ucciso nessuno, e non sono cattivo…

Rifarebbe tutto quello che ha fatto, Mussolini?

– No. Col senno di poi saprei come fare a non sbagliare nessuna mossa. Il mio più grande desiderio era quello di entrare nella storia… ma non volevo farlo così. E forse nemmeno Lei mi crederà… ma no, non rifarei tutto quello che ho fatto. Glielo giuro.

E a testa bassa, come non l’avevo mai visto nei film né nei libri di storia, Mussolini va via, senza saluti romani e guardando verso il cielo milanese un infinito indefinito. “Mi porti a piazzale Loreto, per favore” – bisbiglia verso l’autista, mentre io – dirigendomi in Galleria – rivedo i miei appunti.

Salvatore Todaro