Come l’Italia divenne Fascista: Dopo guerra 1914-1918

La prima guerra mondiale fu combattuta, soprattutto dopo i fatti di Caporetto, sbandierando innanzi al soldato-contadino l’ideale di una guerra definitiva, alla quale non ne sarebbero seguite mai più altre, e che avrebbe visto terminare con la vittoria tutte le ingiustizie sociali, ed avrebbe quindi dato vita ad una pace giusta e duratura. Terra per tutti, giustizia per i combattenti, utopica fine di una vecchia società e nascita di nuova equità e di vera giustizia fra le nazioni e fra le classi sociali della nazione. Ma, terminato il conflitto, non fu affatto possibile mantenere quanto promesso; e si dava il via allora ad una sfilza di insoddisfazioni e di rivendicazioni sociali senza fine, e, senza speranza d’immediati miglioramenti. Si è mai vista una classe politica risolvere repentinamente tutti i problemi che da secoli attanagliano il suo Popolo? No, mai! E di certo la decadente classe politica italiana; con tutti i gravi problemi ereditati da prima, dopo la guerra, non era in grado di risolvere tutto in breve tempo. Soltanto il trascorrere degli anni, unito alla volontà degli uomini può mutare lo stato sostanziale degli atti economici. I politici del dopoguerra non ebbero il tempo d’essere messi alla prova.

“La guerra aveva lasciato in tutte le classi sociali gravi fermenti e non solo il proletariato delle fabbriche e dei campi sembrava in preda a un vero furore di ribellione, ma anche nell’esercito serpeggiavano forti aneliti rivoluzionari. Ufficiali e soldati erano d’accordo nell’esigere dalla guerra una più vasta giustizia sociale.” Ovviamente la guerra aveva prodotto una profonda trasformazione anche nel tessuto economico della nazione. L’Italia dell’anteguerra era un paese eminentemente agricolo. Adesso le esigenze della produzione bellica, con la necessità assoluta ed impellente di produrre immense quantità d’armi e di altri beni d’ogni genere, avevano fatto nascere l’industria pesante che, tuttavia, occorreva riconvertire adesso a produzioni di pace. ” La prima guerra mondiale, in Italia come in tutti gli altri paesi neutrali e belligeranti, produsse profondi mutamenti nella realtà economica. Rami della produzione che prima della guerra erano ad uno stadio rudimentale raggiunsero proporzioni enormi, mentre altri che erano fiorenti cessarono di esistere.” “La vittoria e la pace non posero fine allo stato di confusione permanente che caratterizzava il governo e la società italiani. Al contrario: le divisioni che durante la guerra erano state in parte cancellate, si fecero ora sentire in tutta la loro forza. Un mutamento drammatico di un qualche tipo era inevitabile: le aspirazioni contrastanti e confuse nelle masse degli operai, dei contadini e degli ex combattenti, nonché degli ex ufficiali, degli intellettuali, convergevano tutte nella richiesta di un ordine nuovo. Persino i portavoce ufficiali promettevano mutamenti di vasta portata”. Ma per passare dalle promesse ad un’effettiva attuazione di giustizia sociale, il governo avrebbe dovuto scontrarsi contro grandi interessi precostituiti, ed essere tanto forte da abbatterli per un fine di giustizia di cui tutti parlavano, ma alla quale probabilmente pochi credevano. Di fronte alla grande maggioranza del popolo italiano che aveva sofferto le privazioni e i sacrifici della guerra sia al fronte sia nel paese, detto assai nell’occhio una minoranza che non solo non aveva sofferto, ma aveva largamente profittato della guerra per arricchirsi oltre misura”. Speculatori, imprese di ogni dimensione, incettatori, mediatori, avevano accumulato enormi ricchezze e adesso, terminata la guerra, sfoggiavano la loro nuova conquistata opulenza in contrasto con la miseria e la crisi economica, che attanagliava il paese. Sicché venne a crearsi un profondo risentimento dei ceti medi, di quei ceti cioè che, formati da intellettuali, impiegati, piccoli proprietari terrieri, artigiani e piccoli commercianti, tutto avevano dato alla Patria. Contro gli “imboscati” ed i “pescecani”, che non soltanto non avevano combattuto, ma avevano approfittato dell’occasione per arricchirsi. La constatazione della sperequazione economica esistente fra i neo-ricchi e gli ex combattenti, contrastava violentemente con quelle speranze di giustizia sociale e di nuovo ordine, nelle quali tutti avevano fatto assegnamento. Nella realtà dei fatti la crisi economica aveva origini molto profonde e legate alla situazione interna che a quella internazionale.

All’interno i due problemi principali erano dati, anzitutto dalla necessità di riconvertire le produzioni, sino ad allora orientate verso fini bellici, in secondo luogo si poneva in termini drammatici il problema della smobilitazione, che avrebbe di colpo riversato dalle trincee verso le città e le campagne milioni di ex combattenti. Dicevamo che le difficoltà erano legate anche alla situazione internazionale. Infatti, durante la guerra, i traffici commerciali erano stati in buona parte gestiti dalla marina britannica: ma adesso terminato il conflitto, questa aveva, sotto la pressione dei gruppi armatoriali, liberalizzato i traffici. Ed allora per la legge del mercato le navi disponibili effettuarono trasporti soltanto verso e dai porti più ricchi. E l’Italia, che aveva perduto circa il 60 per cento del suo naviglio mercantile, ebbe grandi difficoltà ad approvvigionarsi e ad esportare. Cioè i commerci internazionali da e per l’Italia subirono gravissime limitazioni. Ciò comportò la penuria di certi beni, in particolare delle materie prime, di cui il nostro Paese era ed è terribilmente deficitario, con il conseguente aumento dei costi. Inoltre, terminata la guerra, cessarono anche i finanziamenti sino ad allora concessi sui mercati finanziari di Londra e New York dagli alleati al nostro paese. Ad esso nessuno aveva interesse a sostenere una economia che avrebbe potuto col tempo diventare concorrenziale. A tutto ciò si aggiunge la difesa d’interessi corporativi (anche da parte di alcune categorie di operai privilegiati dalla guerra) di cui faceva parte chi aveva ottenuto vantaggi di vario genere durante la guerra, ed inoltre la lista dei reduci decisi ad ottenere qualcosa in cambio dei loro sacrifici di combattenti, ed infine la enorme penuria di merci, l’aumento sconsiderato del circolante cartaceo, avremo un quadro complessivo abbastanza preciso e abbastanza drammatico dello stato in cui versava la nostra economia post-bellica. Poiché la situazione economica giocò un ruolo molto importante nell’evoluzione politica italiana, occorrerà tenere sempre presente il quadro economico del nostro paese, onde potere comprendere la rapida ascesa del fascismo al Potere.