La Scuola Fascista

Nel campo dell’educazione il fascismo esordì con la riforma della scuola promossa da Giovanni Gentile nel 1923, che Mussolini definì come la più fascista delle riforme. Essa mirava a ridare dignità al ruolo del maestro e agli studi, assegnando alla scuola pubblica un’alta funzione di controllo su tutto l’insegnamento medio, che aveva l’importante e delicato compito di forgiare le menti delle nuove generazioni; ma il dichiarato proposito era anche quello di contenere il numero della popolazione scolastica notevolmente cresciuta durante il periodo giolittiano.

I principi fondamentali della Riforma Gentile sono i seguenti:

  • la scuola è sottoposta al controllo statale, specie mediante gli esami per il passaggio da un grado di apprendimento a quello successivo;
  • viene istituito un albo professionale degli insegnanti, i quali vengono selezionati per mezzo di concorsi pubblici;
  • viene rafforzata la gerarchia all’interno degli istituti: a capo di essi vengono posti direttori (per la scuola elementare), presidi (per la scuola media), e rettori (per l’università).

L’orientamento scolastico comprende:

  • scuole primarie ed elementari;
  • scuole complementari per l’avviamento al lavoro;
  • scuole medie, distinte in tre indirizzi: istituto tecnico professionale, ginnasio/liceo classico o scientifico e istituto magistrale.

Doc 1
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Vengono così istituiti due canali scolastici senza sbocco: la scuola complementare, destinata ai modesti cittadini, e il liceo femminile, destinato alle giovinette senza particolari ambizioni. Tra le scuole secondarie l’unica che consente sbocchi a tutte le facoltà universitarie è il liceo classico, mentre lo scientifico non permette l’accesso a Giurisprudenza e Lettere e Filosofia, e gli istituti tecnici solo ad Economia e Commercio, Agraria e Scienze Statistiche. La legge prefissa inoltre un numero chiuso di iscrizioni e di istituti per tutti i corsi con sbocchi universitari.

Questa scuola era fortemente caratterizzata in senso antidemocratico, e favoriva la formazione di un ceto medio intellettuale in cui dominava la componente umanistica (l’insegnamento del latino era infatti obbligatorio in quasi tutti i corsi), ed ottenne immediati riscontri: il calo degli iscritti alle scuole secondarie ed alle facoltà scientifiche fu sensibilissimo già dal 1926/27 e si ebbe un notevole incremento degli studenti provenienti da famiglie di impiegati (dal 10 al 24%), mentre la percentuale dei figli di operai decrebbe dal 5 al 3%. La ragione di un tale cambiamento era da ricercarsi nell’abolizione della scuola tecnica, che precedentemente apriva ai ceti inferiori due strade: quella delle professioni impiegatizie e quella degli indirizzi universitari.

La scuola complementare si rivelò presto un fallimento: nel 1923/24 ebbe 83000 iscritti contro i 141000 della scuola tecnica dell’anno precedente. Gentile si dimise dal ministero nel 1924; l’anno successivo iniziò un altro processo di rinnovamento delle leggi scolastiche, indirizzato a una progressiva militarizzazione della scuola, ma anche a riparare alcuni errori della Riforma Gentile: la scuola complementare fu trasformata in “scuola secondaria di avviamento al lavoro” (leggi del 1929/30/31) e più tardi fu istituita la “scuola media unica” (Carta Bottai).

Nel 1926 fu creata l’Opera Nazionale Balilla e nel 1929 il ministero divenne ” Ministero dell’Educazione Nazionale”.

Nel 1935 divenne ministro dell’Educazione Nazionale De Vecchi, uno dei quadrumviri. Egli non aveva nulla in comune con il mondo della scuola e della cultura, ma portò in essa lo stile militarista del “vero fascismo” attraverso la cosiddetta “bonifica”. La fascistizzazione intrapresa dal nuovo ministro presentava due aspetti essenziali: uno riguardava le forme esteriori della vita della scuola e portava il segno del militarismo e del caporalismo; l’altro si manifestava attraverso riforme legislative ed amministrative, nella repressione di ogni autonomia della scuola e nel suo totale assoggettamento allo Stato fascista. I professori antifascisti furono inesorabilmente eliminati e nel 1936 De Vecchi sollevò molti insegnanti non iscritti al Partito Nazionale Fascista.

Ma il fascismo intendeva penetrare nella vita stessa dell’insegnamento secondario. Per fare ciò De Vecchi estese il controllo dello Stato su tutti i manuali scolastici in uso nelle scuole medie, mentre fino a quel momento il fascismo si era accontentato di imporre il suo libro di testo solo alle scuole elementari (legge del 1929). Il ministro fece redigere anche nuovi programmi che introducevano la cultura militare, con l’aumento delle attività extrascolastiche e delle organizzazioni giovanili. Del resto già nel 1934 un accordo tra Guf (Gruppi Universitari Fascisti) e Milizia aveva gettato le basi di un addestramento militare nell’istruzione media e secondaria.

Il 1939 è l’anno decisivo per una seconda importante svolta scolastica: il ministro Giuseppe Bottai fa approvare dal Gran Consiglio del Fascismo la “Carta della Scuola”, con la quale si stabiliscono principi, fini e metodi per la realizzazione integrale dello Stato fascista che mira soprattutto alla formazione della “coscienza umana e politica delle nuove generazioni”. Il problema che si pone Bottai è quello di creare una scuola organicamente connessa col sistema corporativo e ottenere un duplice risultato politico: garantirsi il consenso di massa necessario e dislocare gli alunni nelle direzioni consone alla loro situazione sociale e alle esigenze economiche e politiche dell’Italia fascista.

La “Carta” attraverso le sue 19 “dichiarazioni” indica ordinamenti, insegnamenti e orari che vanno dalla scuola materna al sistema universitario e stabilisce che nell’ “ordine fascista età scolastica ed età politica coincidono”. Affiancati alla scuola nasce la G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) e i G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti), con l’obbligo della frequenza dei “cittadini dalla prima età ai ventun’anni”. Vengono istituite, accanto alla media unica, la scuola artigiana (per le campagne e i piccoli centri) e quella professionale (per le grandi città). Queste permettono ai più capaci l’accesso ai collegi fascisti, altamente militarizzati.

La “Carta Bottai” tiene conto delle nuove realtà sociali; in particolare programma l’introduzione nella scuola degli strumenti di comunicazione di massa come la radio. La riforma non fu attuata per lo scoppio della guerra; l’unica disposizione adottata fu la scuola media unica istituita nel 1940.

Da ricordare che fu lo stesso Bottai che nel 1938 introdusse provvedimenti antisemiti nella scuola (espulsione degli insegnanti ebrei, proibizione d’iscriversi a studenti ebrei, istituzione di scuole elementari separate). Con una circolare del 6 agosto egli raccomandò ai Provveditori la massima diffusione nelle scuole primarie della rivista “Difesa della Razza”. Il 15 novembre un testo unico riunì tutte le disposizioni riguardanti la difesa della razza nella scuola italiana.

 

 

 

 

 

 

Analizzando più specificamente il mondo della scuola, ci soffermiamo sulle materie d’insegnamento. Confrontandole con le odierne, ritroviamo materie particolari quali “Storia e cultura fascista”, “Bella scrittura” e “Igiene e cura della persona”, come emerge dalle pagelle di quegli anni.

 

 

 

Per creare “l’italiano nuovo” la scuola fascista proponeva testi scolastici, quaderni, diari e pagelle in cui si esaltava il fascismo sia attraverso le immagini, strumento rapido ed efficace, che attraverso i contenuti. Prendendo ad esempio in esame il Libro della Seconda Classe Elementare, si trovano brani, filastrocche e storie in cui la vita militare e in particolare la figura del Duce e la storia del fascismo ricoprono grande spazio.

Dal Libro della Terza classe emergono brani sempre più complessi sotto l’aspetto grammaticale, che hanno però lo stesso sfondo propagandistico.

 

Passando alla Quinta Classe, risaltano per originalità problemi geometrici e aritmetici davvero singolari: calcolare la superficie complessiva delle province italiane della Libia o calcolare le bombe sganciate da un aereo da guerra per esempio. In meccanica il moto uniforme era spiegato con l’esempio del passo dell’oca.

La grammatica veniva insegnata proponendo l’analisi logica di frasi come “Io ho lavorato con piacere tutto il giorno” o “I nemici si affrontano con coraggio”. Le letture infine trattavano svariati temi d’attualità, come “La razza latina”, “Gli ebrei”, “Parla il Duce” o “L’emigrazione”.

È estremamente interessante e divertente l’analisi ironica condotta nel suo libro I fiori italiani dallo scrittore di Malo Luigi Meneghello sulla trasmissione della cultura fascista nella scuola elementare.

 

 

 

È opportuno rilevare e confrontare il ruolo fondamentale affidato all’educazione scolastica nelle dittature fra le due guerre per la diffusione delle idee e dei principi dei partiti di regime e la creazione del consenso.  Anche in Germania infatti il partito nazionalsocialista riformò profondamente la scuola, incentrando l’istruzione sulla storia del regime e puntando ad influenzare atteggiamenti e sentimenti dei ragazzi, per assicurarsi futuri combattenti e fedeli sostenitori del regime. Un esplicito esempio di questa politica è fornito dalle direttive imposte dal partito e dai testi contenuti nei libri imposti dal regime.

 

 

 

 

 

 

 

 

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